Le industrie dei paradisi artificiali

L'India come industria dell'oppio

Quali sono le industrie dei Paradisi artificiali? Dove e in che modo vengono prodotti quegli artefatti in grado di elevare la propria anima a discapito del corpo?

In un'interessante intervista rilasciata alla BBC in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo "Mare di papaveri" (link), l'antropologo e storico Amitav Ghosh racconta brevemente della dominazione coloniale britannica sull'India, dell'idea che venne a Warren Hastings, primo Governatore Generale britannico, nel 1780 di esportare l'oppio in Cina, di come l'India ne divenne il maggior produttore mondiale e delle pesanti ricadute negative sulla stessa economia indiana (stravolgimento dell'agenda agricola dovuto alla progressiva monocoltura) e naturalmente della devastazione umana che causò in gran parte del mondo.
L'industria dell'oppio indiana era certamente immensa ed articolata e a metà dell'800 era strutturata in particolari fasi produttive assimilabili ad una primordiale specializzazione del lavoro.

In un supplemento della rivista Scientific American del 1882, vengono presentate delle litografie, precedentemente pubblicate a colori da Walter S. Sherwill nel 1850, raffiguranti il processo produttivo dell'oppio di una grande industria, centro di raccolta, produzione e distribuzione situata a Patna, India.

EXAMINING HALL
Veniva testata la consistenza dell'oppio appena raccolto, non ancora lavorato. Si procedeva all'analisi della consistenza toccandolo con le mani o con un bastone e veniva poi raccolto in pentole. Un campione per ogni pentola veniva poi prelevato per essere sottoposto ad ulteriori analisi sulla consistenza e purezza nel laboratorio chimico

MIXING ROOM
In questa sala il contenuto delle pentole veniva versato in vasche e mescolato con rastrelli fino ad ottenerne una pasta omogenea


HIGH-CEILING BALLING ROOM
La pasta di oppio, con aggiunta di acqua, veniva appallottolata in piccole sfere avvolte poi in petali di papavero. Gli abili operai addetti a questa operazione avevano in dotazione un tavolino, uno sgabello e una tazza per mescolare la pasta e darle forma: erano capaci di fabbricarne anche più di 100 ogni giorno

DRYING ROOM
Le palle di oppio venivano trasferite nella sala di asciugatura e disposte in rigoroso ordine e si lasciavano a riposo per liberarle dall'acqua in eccesso. Alcuni addetti erano incaricati di perforare con un bastoncino le sfere in modo da far fuoriuscire il gas eventualmente prodotto dalle fermentazioni

STACKING ROOM
Una volta conclusasi l'asciugatura, le sfere di oppio venivano conservate in questa sala prima di essere spedite. Vi era un controllo continuo: le sfere venivano girate, areate ed esaminate ad intervalli regolari. Per essere ripulite da insetti e sudiciume, venivano strofinate con la polvere ottenuta dalla macinazione dei petali secchi di papavero

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